CARRELLO
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La vita difficilmente risparmia qualcuno dall'affrontare dure prove, a livello fisico o affettivo. Il libro di Barbara è una fonte di forza ed ispirazione per capire come affrontarle con tenacia, coraggio, pensiero positivo e ironia. Con un sorriso si affrontano le pagine più difficili e ci si lascia contagiare dall'energia e dalla forza dell'autrice. Conosco Barbara personalmente e so quanto è riuscita a mettere tutta se stessa in queste pagine.
Cara Barbara, nel leggere le tue parole si viene assorbiti dai fatti narrati come in un vortice di sensazioni ed emozioni. Immediatamente sulla pelle e sul cuore la consapevolezza che ogni singola parola è stata assorbita, metabolizzata e tatuata con colori indelebili. Grazie per il tuo coraggio, grazie per aver insegnato a tutti noi cosa significa vivere amando la vita stessa attraverso la malattia.
Il titolo che l’autrice, Barbara Gisser, insegnante di sostegno, ha imposto alla sua opera Arrendersi? questo mai! (Ed. Youcanprint Self-Publishing, anno 2017, pagg. 234), anticipa il finale di quello che potremmo definire il diario di una passione. Il termine “passione”, qui, nella sua duplice accezione. La tragicità dell’argomento trattato si interseca con la forza della protagonista (la stessa autrice), vittima della malattia ad ampia diffusione che, ancora oggi, risulta difficile nominare. Quando, metaforicamente parlando, si dice che qualcosa è un ‘cancro’, si vuole affermare proprio la dannosità di un evento, di una situazione. Quando il cancro viene diagnosticato, le uniche certezze sono la sua esistenza e la necessità di combatterlo, con i mezzi (e grazie ai mezzi) di cui la scienza medica attualmente dispone. In questo “diario”, Barbara Gisser narra la personale esperienza di incontro/scontro con il tumore e le battaglie, su più fronti, combattute per vincere una guerra, dove ritroviamo, insieme a lei, tutti i soldati, dai fanti ai generali, impegnati a difendere un corpo (ma anche un’anima) assediato da un nemico in principio invisibile, poiché interno, che, prima o poi, si rende visibile anche all’esterno, con le trasformazioni che il corpo e l’anima sono costretti a subire. La duplice metamorfosi, afferma implicitamente l’autrice, non è solo quella dovuta alla malattia. Paradossalmente, essa diviene anche spunto per scoprire nuove realtà o per ripensare sistemi e rapporti, in un’ottica certamente differente. La Gisser ci conduce su quel percorso di vita che molti, come lei, hanno vissuto; che altri ignorano e, probabilmente, rifuggono. Il racconto muove dai primi malesseri, interpretati dalla Gisser come anticipazione della futura diagnosi medica. In realtà, non per pessimismo, ma grazie a quella voce interiore che già sa, prima che altri confermino, e che – sembra incredibile – fornisce all’autrice uno stato d’animo di serenità, necessario ad accogliere la cattiva notizia nell’anticamera arredata da una preparazione psicologica fornita dal proprio “io”. La serenità e la sicurezza, con le quali la Gisser affronta l’avvento del tumore alla gola, sembreranno spesso vacillare, nel corso di sei lunghi anni di impegno tra operazioni e ricoveri, in una alternanza di sentimenti che neanche la protagonista pensava di poter provare. La decisione di affrontare subito il tumore con una operazione invasiva («io sono sempre stata per i tagli netti…»), la porterà verso conseguenze magari non previste, ma connotate da competenza e sostegno da parte di medici e personale sanitario, divenuti una seconda famiglia, alla quale affidarsi, della quale fidarsi. Il lavoro di insegnante di sostegno, per cui la voce è elemento di primaria importanza; le figure del marito e del figlio, che proteggono, ma anche da proteggere; le amicizie vere; la curiosità, a volte inopportuna, della gente; l’importanza del sostegno psicologico; Golia, il pupazzo di peluche, fonte di conforto, nonostante l’età della protagonista; il fumo di sigaretta e le parole non dette per convenienza, forse entrambi complici nella causazione del “male”. A questo – e a molto altro ancora – pensa la Gisser, mentre affronta, con coraggio e dignità, che non escludono e non si pongono in antitesi ai momenti di sconforto, battaglie che non aveva chiesto di combattere. Senza dimenticare le preoccupazioni per l’aspetto fisico, senza tralasciare i ricordi del buon cibo, al quale, per molto tempo, è costretta a rinunciare, ma non nei pensieri, vero motore di un corpo che altrimenti risulterebbe orfano della parte migliore. Si piange e si ride con il libro-diario della Gisser. Ma, ciò che più conta, si piange e si ride con l’autrice-protagonista, in una meravigliosa esperienza di compassione, di condivisione della propria “passione” con il lettore, che la stessa Gisser riesce a coinvolgere, trascinandolo dalla sala operatoria ai paesaggi austriaci, dalla tragica intimità dei sondini nasogastrici, alla meravigliosa intimità della riscoperta dei sapori e degli affetti più cari. Arrendersi? questo mai! è consigliato a chi ama la vita e, soprattutto, a coloro i quali credono di non amarla.
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