CARRELLO
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La modernità affonda le sue radici nel mito. Un lampeggiare di armi, un profilo di mura, una pianura imbevuta di sangue. E il mare dietro le navi. E' uno scenario essenziale, che fa da sfondo allo scontro. E al tema della morte. Per il poeta è un ritorno. Allora, non ancora trentenne, in "Prigioniero dell'alba" aveva dato voce al lamento di Ettore...Poco più che trent'anni dopo, come a un raddoppio della vita, al ritorno del poeta in quella stessa piana, la voce che si offre è quella di chi duellò con Ettore, senza riportarne vittoria o sconfitta: Aiace il Grande, eroe indiscutibile e tuttavia discusso. Da sempre. Il polemos, la guerra, scorre nel suo sangue come in quello del cugino Achille. Il luogo in apparenza è lo stesso, ma la prospettiva muta...
Vanni Spagnoli "sa" quanto siano impareggiabili le antiche parole, i primordiali pensieri, le voci remote. E "sa" che sempre a quelle torniamo, per renderle meno fuggevoli dei tramonti, per ripeterle con accenti nuovi, perché l'uomo antico è l'uomo di sempre. E le parole scelte dall’autore sono potentemente classiche ma sorprendentemente contemporanee. E chissà fino a quando... Fino a quando la guerra e la morte continueranno a fare prigionieri. Fino a quando il "respiro lieve delle donne" parlerà della paura dell'alba". Una grande prova di spessore poetico e umano, questa raccolta. Come sempre.
Un grande canto. Anzi, una sinfonia. Perché questa poesia sale “alta” nell’aria come un susseguirsi melodico di note dolcemente orecchiabili ma di nobile composizione. Il poeta vive il tempo di Ettore, i suoi sentimenti, le sue alte emozioni. Come lui si interroga sul significato della vita e della morte, sul grande dramma esistenziale che ci induce a guardarci intorno e indietro per poter andare avanti anche se “ i ricordi non possono sempre scavalcare i confini della mente per diventare carne palpitante”. Un tramonto, un’alba, un sogno, producono emozioni mimetizzando la crudezza del destino ineluttabile ed è allora che l’uomo “ si inventa nella mente, antichi sospiri d’onda”. Di fronte al Fato, l’uomo è solo, senza Dei, senza armi e “la solitudine è un assassino freddo…”. La cosa più straordinaria è che Vanni, (mi permetto di chiamarlo a nome) riesce a farci vivere e sognare quel tempo nonostante si tratti di un dramma, con una perfetta trasposizione temporale. Un’opera di alta poesia, come il resto dell’opera dell‘Autore.
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