CARRELLO
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Francesco è un bracciante, ma anche un attivista politico. Insieme ad altri suoi compaesani partecipa attivamente all’organizzazione della Marcia della fame del 1957. Le intenzioni dei manifestanti sono quelle di arrivare a Roma per far conoscere al governo nazionale le condizioni di miseria e di stenti in cui vivono le popolazioni del Fortore. Ma il tragico epilogo della marcia porterà Francesco a fare la scelta più difficile della sua vita.
Dopo il pregevole studio storico "Il brigante Secola. La sanguinosa rivolta nel Fortore post-unitario" (Edizioni il Chiostro, 2011), questa volta l'autore Antonio Bianco, già giornalista a Paese Sera e attento studioso del territorio sannita, affronta un'altra pagina poco conosciuta della storia sociale del nostro Paese. E lo fa utilizzando la forma narrativa del racconto. Siamo nell'aprile 1957. Braccianti e disoccupati sanniti della Valfortore, dei paesi di Baselice, San Bartolomeo, Castelvetere, Montefalcone e San Marco, insieme agli attivisti locali del Pci e del mondo sindacale, hanno intenzione di raggiungere Roma con una "Marcia della fame" per chiedere al governo nazionale “pane e lavoro” e far conoscere la condizione di miseria in cui versano quei territori, una miseria che "arrivava fin sopra i capelli”. Unica alternativa a tanta povertà è emigrare per le miniere del Belgio o tentare la fortuna in Francia, Venezuela o Argentina. Tra gli organizzatori della marcia, anche il giovane Francesco, attivista della locale sezione del PCI. Ma i signorotti della zona e i proprietari terrieri che "vessano il popolo”, come spesso non ha avuto timore di denunciare anche il parroco don Nicola, spingono sulle forze dell'ordine affinché la marcia venga stroncata sul nascere e gli organizzatori arrestati. Così sarà. Dalla sconfitta Francesco trarrà la conclusione che non resta altro che "andare il più lontano possibile", facendo una scelta dolorosa ma necessaria: lasciare i propri affetti, la moglie Rosaria e il silenzio della sua montagna, per imbarcarsi verso le Americhe sperando in un futuro diverso.
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