CARRELLO
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di Michele Sarrica (Poesie) (Autore)
Anche le parole hanno la loro "odissea". A scriverne il poema, o meglio, il poemetto, è Michele Sarrica, poeta e autore di testi teatrali ed ora cantore della grande avventura del linguaggio, che è l'"eroe" dal "multiforme" aspetto, dalle infinite risorse, che procede tra cadute, impennate ed alti voli al servizio e al passo dell'uomo "quasimodiano", il quale non ha mai preso le distanze dal remotissimo passato, dal tempo «della pietra e della fionda».
(Dalla prefazione di Guglielmo Peralta)
Anche le parole hanno la loro “odissea”. A scriverne il poema, o meglio, il poemetto, è Michele Sarrica, poeta e autore di testi teatrali ed ora cantore della grande avventura del linguaggio, che è l’“eroe” dal “multiforme” aspetto, dalle infinite risorse, che procede tra cadute, impennate ed alti voli al servizio e al passo dell’uomo “quasimodiano”, il quale non ha mai preso le distanze dal remotissimo passato, dal tempo «della pietra e della fionda». Con quest’uomo, antico nel suo divenire, le parole hanno iniziato il loro viaggio facendosi artefici del suo destino; tali le considera il nostro poeta che le fa protagoniste di una narrazione “epica”, di un canto che possiamo definire del cielo e della terra. Nate in celeste dimora le parole sono precipitate nella casa terrena, dove l’uomo le abita e le usa nell’oblio della loro origine, col risultato che esse hanno finito per go-vernarlo, per anticipare e decidere le sue azioni nel bene e nel male, per disporre di lui e gettarlo, soprattutto, nell’agone di una società senza freni, senza inibizioni, assoggettato e consegnato a un linguaggio degenerato, dissoluto e violento, oltre che banale e vuoto. (Dalla prefazione di Guglielmo Peralta) Copertina realizzata da Francesca Mazzola.
Anche le parole hanno la loro “odissea”. A scriverne il poema, o meglio, il poemetto, è Michele Sarrica, poeta e autore di testi teatrali ed ora cantore della grande avventura del linguaggio, che è l’“eroe” dal “multiforme” aspetto, dalle infinite risorse, che procede tra cadute, impennate ed alti voli al servizio e al passo dell’uomo “quasimodiano”, il quale non ha mai preso le distanze dal remotissimo passato, dal tempo «della pietra e della fionda». Con quest’uomo, antico nel suo divenire, le parole hanno iniziato il loro viaggio facendosi artefici del suo destino; tali le considera il nostro poeta che le fa protagoniste di una narrazione “epica”, di un canto che possiamo definire del cielo e della terra. Nate in celeste dimora le parole sono precipitate nella casa terrena, dove l’uomo le abita e le usa nell’oblio della loro origine, col risultato che esse hanno finito per go-vernarlo, per anticipare e decidere le sue azioni nel bene e nel male, per disporre di lui e gettarlo, soprattutto, nell’agone di una società senza freni, senza inibizioni, assoggettato e consegnato a un linguaggio degenerato, dissoluto e violento, oltre che banale e vuoto. (Dalla prefazione di Guglielmo Peralta) Copertina realizzata da Francesca Mazzola.
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