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L'unico peccato. Sesso motore vol. 0

L'unico peccato. Sesso motore vol. 0

di Sergio Calamandrei (Autore)

Firenze, primi anni '90. L'investigatore privato Domenico Arturi indagando sul suicidio di uno studente fuori sede s'imbatte in un Club di Aspiranti Scrittori e in misteriosi traffici che ruotano attorno alla Biblioteca Nazionale. Nel frattempo, le leggi che hanno sempre regolato i rapporti tra i sessi fanno esplodere due intense storie d'amore. La prima è quella di un giovane avvocato già consumato dal proprio lavoro che cerca di rigenerarsi con un pericolosissimo amore per una ventenne. La seconda nasce tra una ricercatrice universitaria, ossessionata dalla propria abilità nell'interpretare il linguaggio del corpo, e un bibliotecario il quale ritiene esista un unico peccato che cerca in tutti i modi di evitare, commettendone molti altri nel frattempo. Questo è il primo dei due romanzi del "Progetto sesso motore" (composto da due romanzi, un saggio, un'antologia di racconti, un blog e il sito calamandrei.it/sessomotore.htm) che cerca di capire se la vera motivazione profonda che guida le nostre vite sia il sesso, l'amore o la ricerca di ricchezza e potere.

Autore

Sergio Calamandrei
Sergio Calamandrei
11 pubblicazioni Visita la pagina Autore

Informazioni editoriali

Data di uscita
2014
Editore
Youcanprint
Pagine
288
ISBN
ISBN
9788891134295

Recensioni clienti

2 su 5 stelle sulla base di 2 Recensioni
Da Sergio Calamandrei il 22 mar 2021
Pubblicazione cartacea

Youcanprint Self-publishing, 2014 ISBN 978-88-91134-29-5 pagg. 288 - € 14,90 Disponibile anche in ebook La prima avventura di Arturi: un romanzo ambientato a Firenze nel mondo degli studenti fuorisede. Firenze, primi anni ’90. L’investigatore privato Domenico Arturi indagando sul suicidio di uno studente fuori sede s’imbatte in un Club di Aspiranti Scrittori e in misteriosi traffici che ruotano attorno alla Biblioteca Nazionale. Nel frattempo, le leggi che hanno sempre hanno regolato i rapporti tra i sessi fanno esplodere due intense storie d’amore. La prima è quella di un giovane avvocato già consumato dal proprio lavoro che cerca di rigenerarsi con un pericolosissimo amore per una ventenne. La seconda nasce tra una ricercatrice universitaria, ossessionata dalla propria abilità nell’interpretare il linguaggio del corpo, e un bibliotecario il quale ritiene esista un unico peccato; l’uomo cercherà in tutti i modi di evitarlo, commettendone però molti altri nel frattempo.

Da Sergio Calamandrei il 22 mar 2021
Pubblicazione cartacea

[b]INCIPIT di SESSO MOTORE ZERO: L’UNICO PECCATO[/b] [i][b]1 - Firenze. Dove una storia comincia e una finisce[/b][/i] Firenze un tempo era tutta fatta di strade strette come quella in cui sto camminando. L'odore acre dell'urina di qualche ubriaco mi ricorda come dovevano essere nel medioevo questi antichi vicoli. Allora, passeggiando, si doveva stare attenti che nessuno dalle finestre gettasse nella via rifiuti ed escrementi. Immagino che tutti camminassero col naso all’insù e gli occhi bene aperti. Forse avrei fatto bene a fare la stessa cosa ma come potevo immaginare quello che stava per cadermi addosso? Siamo agli inizi degli anni Novanta, in uno dei primi giorni di marzo quando a Firenze fa ancora un freddo terribile e si comincia soltanto a intravedere lontano qualche lieve speranza di una stagione migliore. Alla mia età soffro d'insonnia e tutte le sere faccio un giro che parte da Piazza del Duomo, corre attraverso Piazza Signoria e Piazza della Repubblica e poi si perde nelle stradine che si nascondono dietro Palazzo Strozzi. Il fiume lo traverso di rado. L'Oltrarno è quasi un mondo a sé, dove mi sento straniero. Spesso l’osservo da lontano, appoggiato alla balaustra del Lungarno. Ogni tanto guardo verso il basso. L'Arno di per sé non è che sia poi un gran bel fiume. Perlomeno quando attraversa Firenze. A dire il vero, io conosco solo quel tratto e non posso escludere che in altri punti abbia un aspetto migliore. Io ci ho fatto il "canottiere" in Arno, ai tempi della mia gioventù. Ero tra quelli che, fluidi e leggeri, sfrecciavano vogando sotto il Ponte Vecchio. Speravo sempre che sul ponte, quando passavo io, non ci fossero ragazzi in vena di scherzi e occhieggiavo per vedere che nessuno si stesse apprestando a prendermi di mira e a tirarmi qualcosa in testa. Non pensavo che avrei dovuto far lo stesso anche sulla terraferma. Tornando all'Arno, se dovessi attribuirgli un aggettivo lo definirei "limaccioso": c'è poca acqua e quella poca scorre lenta. Oserei dire che l'Arno sembra un fiume vero solo quando le piogge lo gonfiano tanto che pare straripare; in fondo non è altro che un grande ruscello e di per sé non sarebbe niente di speciale. Ma diventa splendido perché su di lui si affaccia Firenze. Non so se avete mai provato ad appoggiarvi coi gomiti sulle balconate di uno dei ponti della mia città in un chiaro pomeriggio di primavera. Se lo avete fatto mi capirete. La luce ha una trasparenza dolce e calda. I bei palazzi signorili si adagiano sui Lungarni senza superbia e tutto pare armonico e naturale e inserito alla perfezione nel verde anfiteatro delle colline. Mi dà una sensazione di pace, tutto ciò. Io penso che sia in momenti come questo che si riesce a intuire i segreti legami tra le cose e come tutto, in fondo, abbia una comune origine e goda dell'essere parte di una nascosta armonia. E anche noi ci rendiamo conto di essere un elemento di quel tutto e di quell'armonia e siamo contenti per un istante perché per un istante ci è parso di avere un senso e uno scopo. Anche quella sera di marzo avevo fatto pensieri del genere e camminavo pensando di essere quasi felice. Sono cose che non durano. A un certo punto, sentii un rumore leggero sopra di me e alzai la testa. Feci appena in tempo a scorgere una massa scura che mi stava precipitando addosso. Ora so che era un povero figliolo di nome Simone, e che veniva giù dal quinto piano. Una sua coscia mi ruppe l'osso del collo. Morimmo entrambi quella sera. L'ultima cosa che ricordo è l'odore forte di urina che permeava il vicolo.

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