Di che m'occupo, dirai?

Di che m'occupo, in effetti? Di ciò che sento non dovrebbe trascorrere senza lasciare almeno una piccola traccia. Del mio giardino, da mostrare sia quando è in fiore, sia quando i germogli faticano ad uscire alla luce. Per rallentare, e vivere davvero il tempo che ci è dato, aperto alla creazione, all'unione, la compassione, il dialogo profondo con la vita che è adesso e, inafferrabile, manifesta quanto è Oltre e Altro, ciò che ci sorpassa ed accompagna. Parole, per cercare l'armonia nella quotidiana confusione, oltre quella patina di fretta e superficialità che rende troppo spesso opache le giornate. Per tornare a guardare tutto con riverenza, con stupore. Per fare quel vuoto necessario a restare accoglienti, e capire che continuamente riceviamo. Attraverso un suo frammento, condividere la traccia d'Infinito che un particolare, in un dato momento, ha suggerito. Spiegare spesso non serve, non si può. Magari regalare un seme: ognuno ha in sé una terra buona per farlo crescere, per coltivare fiori altrettanto belli. Forse si può scrivere per tentare di condividerne il profumo.