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Cogli occhi del cuore

Cogli occhi del cuore

di Luciano Manfredi (Autore)

Cogli occhi del cuore. Il libro prende il titolo dalla poesia dedicata al papà cieco, con gli occhi del cuore. L' autore si proietta nel mondo di suo padre in prima persona, descrivendo lo stato e il sentire dello stesso.Una poesia viva che echeggia di osservazioni umili dal bimbo in lui che ha congegnato quella dima perfetta con il suo presente. Scrive non per vendere né per per conseguire il luccichio di qualche medaglia - scrive perché a meno del suo piccolo grande cuore non ce la farebbe mai. Fadi Nasr 

Informazioni editoriali

Data di uscita
2022
Editore
Youcanprint
Pagine
64
ISBN
ISBN
9791221428742

Recensioni clienti

5 su 5 stelle sulla base di 1 Recensioni
Da Professore Enrico Marco Cipollini il 22 dic 2022
Pubblicazione cartacea

https://books.google.it/books/about/Cogli_occhi_del_cuore.html?id=czNvzwEACAAJ&sourc Luciano Manfredi, Cogli occhi del cuore, Youcanprint Lecce,2022, €12 pp. 64. Luciano Manfredi ci presenta una breve raccolta che ci attira anche per la significativa copertina di Fadi Nasr dal titolo ambivalente Cogli occhi del cuore, dove cogli può essere preposizione articolata o verbo. Le più belle poesie in cui riconosco Manfredi nel suo journal intime sono le riuscitissime L’angolo buio e Gli occhi del cuore; la prima meriterebbe una lunga discettazione nel rapporto d’un bambino e il padre che ha perso la vista sul lavoro. Da qui si dipana la struttura stessa di Manfredi nella vita adolescenziale e nel prosieguo. La sensibilità e l’intelligenza non sono, per dirla con il prefatore Giuliano Zingone, una astrazione, una critica della ragion pura kantiana bensì risentono del contesto ambientale, quello che i francesi chiamano giustamente le milieu. In effetti la nostra mente, più che intelletto, è influenzata da fattori esterni ed emotivi. È una critica della ragione impura semmai perché l’intelletto come purezza è solamente teoria. Noi tutti i giorni viviamo una realtà sensibile la quale ci colpisce secondo la nostra possibilità di intendere: in nuce vivere è sentire: questo sentire non è “puro» ma impuro in quanto coinvolge tutta la nostra anima. È quella fedeltà alla terra da cui nasciamo e a cui torneremo però, nel frattempo dobbiamo spender-ci, esser-ci, essere presenza autentica nel mondo e non mettere a tale “le brache”, dicendola con Hegel. È questo abbraccio, questo amplesso con il nostro mondo quotidiano che noi sentiamo palpitare i problemi che ci affliggono o ci danno gioia: la vita come scorrere di sensazioni e pulsioni. È qui che si capiscono le poesie che seguono, un pot-pourri che avevo già letto in quanto già pubblicate. Luciano non vive in un mondo etereo ed astratto ma tra i dolori del suo mestiere, prima in una casa di cura, poi una casa educativa per approdare a medicina e psichiatria. Lì il concetto di libertà e consapevolezza diventa problematico. Non hanno, spesso, presi dalle crisi, il senso e il principio di realtà che diventano distorcenti, dove il mondo invece di fantasia e di immaginazione si popola di mostri, di unicorni, di ansie ed angosce laceranti, di animali mostruosi che non sono altro che la proiezione del loro dolore nell’animo trasposti nella sfera onirica o di veglia quando non hanno ancora ripreso «coscienza» di sé stessi. Per l’autore approcciarsi a tale realtà è dura però gli fa capire che forse il miglior dono è uscire dalla sofferenza. È lì la bellezza della poesia di Manfredi: pulita, scarna ma cristallina, usufruibile da tutti sebbene complessa. Ci sono gli amori, soprattutto per la Natura che noi distruggiamo, i ricordi che fanno parte del nostro bagaglio come abbiamo sopra menzionato. Suggella il tutto come nettare di api la compartecipazione a quel senso del sacro(ἱερόv) che è tipico di ogni uomo. È proprio nel Vangelo secondo Giovanni, il più gnostico dei quattro canonici, che si afferma che l’uomo ,se non ipocrita, aiuta l’altro e non segue il rigido formalismo giudaico che la società gli impone, dove l’apparire ha più valenza del darsi, di essere autentici e in pace con la propria coscienza prima di andare al Tempio per “sembrare” fedele. È proprio la crisi dell’uomo contemporaneo, privo di valori, senza bussola in codesto sconcertante panorama, che si muove in questa società piena di orpelli inutili, di ipocrisia dove il valore d’uso si confonde con il valore di scambio e ogni slancio spirituale genuino si appiattisce. In fondo è la morte dell’arte che ci aveva preannunciato il primo Jean Baudrillard e si sta realizzando in questo livellamento dove -come gregge- noi seguiamo i media, dove abbiamo perso lo spirito critico e vogliamo, nonostante tutto, ancora “brillare”. Ma questa luce è fonte nostra o riflessa da uno specchio? La domanda che si poneva Plotino nelle Enneadi, ritorna attuale negli scritti sinceri di Luciano, dove si auto -confessa e ci dice di sé. Un libriccino ma denso di spunti di riflessione, da non prendere sottogamba perché chi sa leggere (interlegere è intelligenza e sensibilità) troverà dell’ottimo materiale per sviluppare un discorso che sia veramente portatore di vita. L’autore ci indica una via: riappropriarsi della nostra umanità perduta. Enrico Marco Cipollini

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